DEMAND PLANNING: IL PARADOSSO DEGLI STRUMENTI SOFISTICATI
Il pensiero corre alle raccomandazioni che il Consulente (in questo caso ovviamente Simco) fa al suo Cliente, quando questi - magari a valle di un'analisi di convenienza condotta insieme, o anche per una convinzione maturata in modo autonomo - abbia deciso di dotarsi di un sistema IT avanzato per la pianificazione della domanda e la gestione delle scorte.
In questi casi, la raccomandazione che ci sentiamo di fare è quella di "calare" un tale strumento (in sé quasi certamente in grado di fornire un vantaggio competitivo) entro processi e workflow aziendali che siano pronti ad accogliere lo strumento stesso, il che equivale a dire che - prima ancora della scelta e dell'implementazione dello strumento - è certamente raccomandabile una revisione organizzativa dell'Azienda, tesa a definire con cura il "chi fa cosa" e quindi a conferire al personale coinvolto la capacità teorica, il potere ed anche il tempo materiale per effettuare tutte le attività che vanno correttamente previste, al fine di sfruttare al massimo lo strumento.
Purtroppo, quello che ci capita di riscontrare nella pratica quotidiana è che questo tipo di cautela spesso non è stata adottata fino in fondo: in realtà - nella maggior parte dei casi - questa constatazione la facciamo quando lavoriamo con Aziende che hanno proceduto su tale strada in autonomia o affidandosi semplicemente a progetti guidati dal Fornitore del software (il quale, spesso, non ha interesse in ciò che è diverso dall'installazione/parametrizzazione dello strumento), ma saremmo un po' reticenti se negassimo che ci anche è capitato che il nostro Cliente, per una ragione o per l'altra, abbia minimizzato l'importanza di questa fase preliminare di adeguamento / ristrutturazione dei processi, delle responsabilità e delle competenze.
Gli aneddoti al riguardo potrebbero essere numerosi, ma questa volta mi piace raccontare quello che recentemente mi è capitato di apprendere durante la riunione di inizio di un progetto presso un nostro Cliente, che è dotato di un software avanzato per la previsione della domanda e il rifornimento ottimizzato del proprio stock.
In realtà, questo Cliente ha modellizzato logiche di approvvigionamento complesse e sofisticate opportunamente supportate dal proprio strumenti IT, sfruttando piuttosto bene anche il proprio network di magazzini, organizzati secondo una efficace gerarchia di ruoli.
Anche i risultati operativi, in termini di rotazione degli inventari e di livello di servizio sono prossimi all'eccellenza, così come è più che buona l'efficienza degli addetti al riordino.
Tuttavia, lo sforzo che il nostro Cliente deve compiere per i micro-adattamenti delle proposte di riordino automatico (correzione delle quantità proposte) è il sintomo di un non pieno sfruttamento delle potenzialità dello strumento.
Risparmiandovi i preamboli e i dettagli, potremmo efficacemente sintetizzare la situazione dicendo che il nostro Cliente, anche a ragione, non si fida al 100% delle previsioni fatte in automatico dal sistema IT e quindi le deve di volta in volta "interpretare", correggere per arrivare a una proposta che "suoni" corretta. Le correzioni sono in realtà degli aggiustamenti minimi o quasi, però per essere ragionate chiedono quasi tanto tempo quanto una correzione "importante".
In una logica alla Ishikawa, per trovare il più significativo legame causa-effetto per questa situazione, abbiamo quindi cercato di risalire alle cause di questa relativa inaffidabilità della previsione: andando anche qui alla sintesi del lavoro svolto, il problema è risultato da ricondurre al poco tempo che rimane agli operatori ed al loro coordinatore di esaminare con cura il segnale della domanda passata, eliminando i "casi strani" che non si prevede che si ripeteranno e che di fatto però - se non gestiti - finiscono per "ingannare" il software e per contro catalogando con cura e misurando gli effetti di tutti quegli eventi particolari (es. attività promozionali) che hanno condizionato la domanda e che si ripresenteranno in futuro in modo pianificato.
Volendo risalire ancora "a monte", alla causa cioè di questa situazione, abbiamo scoperto che il tempo non c'è, perché... se ne perde troppo nella correzione delle proposte d'ordine!
Insomma, il classico "gatto che si morde la coda" o - come ancora più icasticamente ha commentato un mio collega - una situazione che ricorda molto da vicino la nota storiella del boscaiolo con l'ascia non affilata, che di seguito riporto:
C’era una volta un boscaiolo che si presentò a lavorare in una segheria. Il salario era buono e le condizioni di lavoro ancora migliori, per cui il boscaiolo volle fare bella figura. Il primo giorno si presentò al caporeparto, il quale gli diede un’ascia e gli assegnò una zona del bosco. L’uomo, pieno di entusiasmo, andò nel bosco a fare legna. In una sola giornata abbatté diciotto alberi. “Complimenti” gli disse il caporeparto. “Và avanti così”. Incitato da quelle parole, il boscaiolo decise di migliorare il proprio rendimento il giorno dopo. Così quella sera andò a letto presto. La mattina dopo si alzò prima degli altri e andò nel bosco. Nonostante l’impegno, non riuscì ad abbattere più di quindici alberi. “Devo essere stanco” pensò. E decise di andare a dormire al tramonto. All’alba si alzò deciso a battere il record dei diciotto alberi. Invece quel giorno non riuscì ad abbatterne neppure la metà. Il giorno dopo furono sette, poi cinque, e l’ultimo giorno passò l’intero pomeriggio tentando di segare il suo secondo albero. Preoccupato per quello che avrebbe pensato il caporeparto, il boscaiolo andò a raccontargli quello che era successo, e giurava e spergiurava che si stava sforzando ai limiti dello sfinimento. Il caporeparto gli chiese “Quando è stata l’ultima volta che hai affilato la tua ascia?”. “Affilare? Non ho avuto il tempo di affilarla: ero troppo occupato ad abbattere alberi”.
Tratto da: Jorge Bucay, Lascia che ti racconti
Sperando che la storiella vi abbia strappato un sorriso (magari un po' autoironico), spero anche che il legame diretto con l'aneddoto che vi ho raccontato sia palese: strumenti sofisticati richiedono un approccio sofisticato, la giusta cura e le giuste competenze per la manutenzione dai dati che sono ad essi alimentati.
Soli in tale caso, essi sono in grado di esprimere il massimo del proprio potenziale e di creare un reale e positivo differenziale in termini di risultati.
di Diego Giometti - Consulente Simco
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