L'IMPORTANZA DELL'APPROCCIO COLLABORATIVO PER LE AZIENDE DEL COMPARTO CPG (1°PARTE)
INTRODUZIONE
Le aziende che si occupano di beni di largo consumo (che potremmo definire come beni non durevoli di massa: elettronica di consumo, food & beverage, CPG, fashion e relativi accessori, scarpe etc.) stanno subendo tutta quella complessità che in questi anni è stata generata da fattori come la comparsa di nuovi canali distributivi (vendite on-line, social network, possibilità di acquisto da dispositivi mobili), la più generale volatilità della domanda e dal fatto che le loro Supply Chain diventino sempre più complesse ed estese.
Una più ampia e recente indagine di Aberdeen (febbraio 2013) ha quindi dato luogo a un ulteriore approfondimento, sulla base dei medesimi dati raccolti, mirato alla comprensione di come le logiche e le prassi collaborative possano aiutare le aziende ad affrontare efficacemente tale complessità.
Questa analisi ha visto coinvolte 69 aziende, così ripartite in termini di provenienza geografica:
LE PRESSIONI SENTITE DALLE AZIENDE
Rispetto al resto delle aziende che hanno preso parte al survey, quelle che si occupano di beni di consumo di massa hanno dichiarato una propensione circa doppia, dal punto di vista statistico, nei confronti dell'adozione nel prossimo futuro (12 mesi) di procedure e tecnologie per supportare la collaborazione con gli altri attori delle loro Supply Chain.
Questa volontà è stata sollecitata e in qualche modo guidata da una serie di formidabili "pressioni" che queste stesse aziende sentono, secondo una graduatoria che è illustrata nel seguente grafico:
Ma come vanno interpretate le varie "pressioni"?
- Crescente complessità: come detto, i possibili canali di vendita stanno aumentando, e tra questi è oggi necessario annoverare anche l'e-commerce (on-line e mobile), con le sue complessità specifiche, che va a sommarsi ai più classici approcci come la vendita per catalogo, quella tramite i call-center e naturalmente quella che si basa sui punti vendita "fisici". La conseguenza per le aziende che producono beni di consumo non durevoli (CPG) è l'estrema difficoltà a mantenere - come nel passato - relazioni stabili con un numero circoscritto di clienti B2B (cosa questa più vera per le aziende statunitensi, che non per le nostre, più abituate alla frammentazione dei mercati). È quindi necessario stabilire e coltivare rapporti con un più ampio numero di interlocutori dalla domanda più incerta e volatile.
- Necessità di una Supply Chain resiliente: la "resilienza" è un concetto che si applica a molti campi (dall'ingegneria alla psicologia, passando dall'informatica), con significati anche un po' diversi tra loro in funzione del campo specifico, ma che più in generale è riconducibile alla capacità (di un oggetto, di un sistema o anche di una persona) di adattarsi, di reagire in modo positivo e soprattutto rapidamente (l'etimologia latina è correlabile al concetto di "rimbalzo") a improvvise condizioni negative, diverse da quelle standard. Nel nostro campo specifico, la "resilienza" potrebbe essere vista come la capacità della Supply Chain di ripianificarsi rapidamente a fronte di eventi dirompenti, in modo da garantire comunque la disponibilità dei servizi da erogare. Eventi recenti come il terremoto in Giappone (e le conseguenti fughe di radioattività), l'uragano Sandy negli USA, le nuvole di cenere generate dai vulcani Islandesi, l'instabilità della regione Mediorientale hanno dimostrato quanto possono essere fragili i network delle nostre Supply Chain. Questi aspetti - indubbiamente eccezionali - vanno a sommarsi alle più ordinarie difficoltà quotidiane, legate alle difficoltà a procacciarsi mezzi di trasporto a condizioni economicamente vantaggiose, per la loro carenza, e anche il costo crescente delle commdodities.
- Rapidità della Supply Chain: l'esplosione dell'e-commerce ha indubbiamente avvicinato molto le aziende CPG all'utente finale. Molte aziende dell'e-commerce (es. Amazon) promettono tempi di consegna rapidissimi, addirittura entro lo stesso giorno in cui è stato ricevuto l'ordine (per alcuni prodotti ed alcuni mercati): alla luce di tutto ciò, è inutile sottolineare come le Supply Chain debbano diventare sempre più rapide e veloci. Questa necessità di velocità è molto sentita anche dalle aziende del settore Food & Beverage, dato che le "finestre temporali" utili alla vendita dei prodotti più tipicamente stagionali negli ultimi anni si sono man mano ristrette, con le immaginabili "pressioni" per configurare e distribuire tali prodotti.
Le azioni da prendere
La soluzione più adatta a rispondere a tali "pressioni", come detto, è stata individuata dalle aziende in tutto ciò che può promuovere e favorire una più stretta collaborazione (ai livelli di pianificazione e a quelli più operativi) con gli altri attori della medesima filiera produttiva e distributiva.
Queste indicazioni emergono in modo chiaro dall'elaborazione sintetica delle risposte ricevute, limitatamente alle aziende CPG, di seguito illustrata:
Forse, più che sulla risposta più "gettonata", sarebbe utile riflettere sulle altre due indicazioni emerse, le quali sono in qualche modo indirizzate all'interno dell'azienda.
Infatti, troppo spesso - a nostro parere - l'importanza dei processi collaborativi interni è sottovalutata, riponendo speranze eccessive nei confronti degli effetti della sola Collaboration con gli attori esterni della Supply Chain, mentre molto spesso i problemi della filiera sono riconducibili ad una carenza di coordinamento delle risorse interne alle stesse aziende.
In realtà, le basi di una solida collaborazione con chi sta a monte e a valle della nostra azienda dovrebbero essere poste proprio nel coordinamento interno, che sfrutti al meglio i dati e le informazioni che sono pertinenza del know-how aziendale: questo garantirà che nostri i dati - visibili e condivisibili con gli altri partner - abbiano essi stessi per primi la massima attendibilità.
Inoltre, è proprio all'interno dell'azienda che - in primis e nel modo più efficace - dovrebbero applicarsi quei concetti di "ottimizzazione complessiva", che implicano la trasversalità dei processi, la visibilità e quindi la collaborazione piena per risolvere al meglio i potenziali conflitti tra i vari enti aziendali su temi come il piano delle vendite, della produzione e della distribuzione.
Quindi, processi collaborativi interni come base per implementare la collaborazione con gli altri attori della filiera: è quindi essenziale per prima cosa diffondere e mettere in atto all'interno della propria azienda una cultura orientata alla comunicazione condivisa ed alla collaborazione.
Le capacità operative
Le aziende del settore CPG mirano prioritariamente a raggiungere la capacità di ottenere la più ampia e profonda "visibilità" dei processi di business dei loro partner, con particolare riferimento a quelli dei fornitori.
La possibilità di avere un'idea chiara di ciò che è effettivamente disponibile o in arrivo da parte dei nostri fornitori è giustamente sentita come premessa necessaria per mantenere al minimo i propri stock.
Vediamo però quelle che sono le tre più importanti capacità da implementare, secondo il giudizio delle aziende che hanno risposto al survey:
Interessante notare come il fatto di predisporre una struttura, delle regole precise e strumenti efficaci per il "change management", con esplicito riferimento alla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti degli ordini dei clienti e delle loro specifiche di allestimento (es. specifiche di etichettatura o confezionamento), sia stato indicato come una delle principali capacità rispetto alle quali abilitarsi.
Ciò non dovrebbe tuttavia sorprendere, ripensando a come la rapidità della Supply Chain sia stata indicata come una della maggiori "pressioni" percepite dalle aziende: ecco quindi che la capacità di reagire rapidamente al cambiamento degli ordini viene giustamente considerata come una abilità chiave che la Supply Chain può e deve mettere al servizio dell'azienda.
Ciò è massimamente vero per le aziende CPG, nelle quali spesso una buona parte del lead-time è erosa dalla necessità di riconfigurare i prodotti, nel loro packaging e/o etichettatura.
Fattori tecnologici abilitanti
Due dei tre principali fattori abilitanti indicati dalle aziende in questo survey, hanno a che fare la capacità di connettersi con i loro fornitori, confermando così quanto visto in precedenza.
Questa visione è una caratteristica precipua delle aziende che operano nel settore dei Consumers Goods, proprio per le già citate esigenze spinte di sincronizzazione tra aziende e fornitori: questo è particolarmente vero, inoltre, per le aziende che - tra queste - operano più specificatamente nei settori del Food, dei prodotti Cosmetici e dei beni di largo consumo.
La via che promette di essere la più seguita nei prossimi due anni è quella dell'adozione di strumenti Social Networking: questo approccio include la modifica in senso "social" e verso il concetto di network delle intranet aziendali e/o della altre più classiche piattaforme software usate dalle grandi aziende per organizzare la loro comunicazione. A differenza dei tradizionali ERP, che impongono una struttura prima del loro uso, i "social software" aziendali incoraggiano l'uso prima ancora di provvedere la struttura.
Due studiosi come Carl Frappaolo e Dan Keldsen hanno definito questo approccio come "un sistema di tecnologie web-based che forniscono una collaborazione rapida ed agile, la condivisione di informazioni, la capacità di gestione di emergenze e di integrazione nell'azienda estesa".
Per l'inquadramento generale di questa prospettiva: http://en.wikipedia.org/wiki/Enterprise_social_networking
Conclusioni e raccomandazioni
La collaborazione è ormai vista dalle aziende del settore dei beni di largo consumo come la via privilegiata per affrontare più volte menzionate complessità del settore e anzi come la "chiave" non solo per sopravvivere, ma anche per prosperare, consapevoli del fatto che "sapere è potere" e che la base di tale approccio va innanzitutto trovata nella collaborazione interna, prerequisito per potersi aprire in modo chiaro ed efficace a clienti e fornitori.
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