PROGETTI INTRA-LOGISTICI COMPLESSI: L’IMPORTANZA DELLA VERIFICA A POSTERIORI

Le aziende più “illuminate” e meglio organizzate, che poi – proprio per questa attenzione ai dettagli e per la loro apertura mentale – fatalmente risultano essere anche le stesse che spuntano le migliori prestazioni e che operano con i costi più bassi, hanno ormai capito da tempo che il progetto di un nuovo magazzino, o la riprogettazione profonda di un magazzino esistente sono temi che vanno approcciati col dovuto metodo e con il supporto di competenze adeguate.

Queste aziende sanno benissimo che esiste una metodologia di approccio consolidata, un iter progettuale classico, che è conveniente rispettare per conseguire dal proprio nuovo magazzino i migliori risultati in termini di prestazioni, di tempi e di costi.

Senza volerci addentrare nei dettagli, che ci porterebbe lontano dal tema di questo articolo, potremmo dire che l’approccio ideale passa attraverso una serie di fasi progettuali, ciascuna con un proprio scopo e ragion d’essere specifici.

Si deve partire inquadrando al meglio il problema, per capire i propri punti di forza e punti di debolezza in termini di logiche e strutture di magazzino, rischi ed opportunità di svariate soluzioni tecniche ed organizzative che è possibile sviluppare a fronte del problema stesso.

Questo è il tipico ambito dello studio di fattibilità, punto di partenza di qualsiasi iter progettuale, in cui innanzitutto è necessario definire e documentare con dovizia di particolari i requisiti cui il ns. sistema logistico (che sia esso un magazzino o un sistema di material handling) dovrà dare adeguata risposta.

Sulla base di questi requisiti (e mai prima, ma soprattutto mai senza) si dovranno elaborare tutta una serie di soluzioni alternative in termini di tecnologie, layout, processi (senza trascurare l’opzione “buy”, ossia la terziarizzazione, se coerente con le strategie aziendali), che andranno confrontate tra loro sulla base di un criterio multi-parametrico, al fine di identificare la soluzione ottimale al problema che ci è stato posto.

Il criterio dovrà certamente tenere in considerazione le prestazioni ottenibili da ciascuna soluzione (tendenzialmente le prestazioni dovrebbero essere uguali o lievemente maggiori dei requisiti, ma si potrebbero anche valutare soluzioni in grado di coprire solo parte del requisito, a patto naturalmente che il bilancio tra risparmi nell’investimento e gli aggravi di costo di esercizio risulti favorevole), i costi di investimento (CAPEX) e quelli di esercizio (OPEX), la durata e la difficoltà del progetto che porterà alla soluzione stessa, la “maturità” aziendale a recepire la soluzione e lo sforzo di “change management” che deve essere messo in piedi per evitare crisi di rigetto, specie a fronte delle soluzioni che più impattano sulla situazione attuale.

Anche in questo caso, e poi capiremo meglio il perché, così come nel caso del consolidamento dei requisiti di progetto e delle relative condizioni al contorno, raccomandiamo di documentare con la necessaria dovizie di particolari le ragioni che portano a raccomandare una soluzione rispetto alle altre ad essa confrontate, riportando però i pro ed i contro di ciascuna di esse.

Scelta la soluzione ottimale ed approvata la sua realizzazione, si tratta poi di fare tutto quanto necessario alla corretta esecuzione del progetto: scelta dei partner (consulenti, progettisti e fornitori di soluzioni logistiche), coordinamento del progetto costruttivo per verificare che esso rimanga fedele allo scopo, ai tempi ed ai costi di esecuzione che sono stati messi a budget, gestione del cantiere, effettuazione di tutti i necessari test per formalizzare l’accettazione del nuovo sistema (hand-over), gestione del periodo transitorio per consentire al nuovo sistema – specie se particolarmente complesso – di andare a regime e potersi quindi dire pienamente operativo.

Anche nelle fasi suddette, per le quali può essere necessario un tempo significativamente lungo (fino ad un paio di anni se parliamo di nuovi magazzini di dimensioni considerevoli, con edifici nuovi e magari anche con una buona quota parte di automazione) è assolutamente raccomandabile documentare in modo efficace tutti i cambiamenti – endogeni o esogeni – rispetto alle ipotesi di progetto ed alla soluzione inizialmente concepita.

A questo punto, arrivati cioè ad avere il nostro nuovo magazzino o sistema logistico perfettamente funzionante, nei tempi prefissi ed avendo rispettato il budget previsto, molte delle aziende – anche le migliori – si rilassano, per così dire, dal punto di vista del processo progettuale e considerano il nuovo magazzino come uno dei tanti processi operativi, giustamente demandandolo nelle sue problematiche a chi lo conduce (Logistica o Supply Chain).

Tuttavia, noi crediamo che questo modus operandi sia lievemente incompleto, mancando cioè il pieno raccordo tra la precedente fase progettuale e la fase di esercizio operativo.

Per essere più specifici, operando come sopra descritto si viene a perdere la possibilità di verificare che una parte importante delle ipotesi che erano alla base dell’autorizzazione dell’investimento si siano davvero realizzate: ci si riferisce in particolare alle ipotesi relative ai costi di esercizio, correlati ovviamente alle condizioni al contorno (scenari di business, profilo delle attività di magazzino, costo del lavoro e dell’energia etc.) che si erano assunte come valide nelle varie fasi del progetto.

Quali possono essere le conseguenze negative di questa mancata “chiusura del cerchio”?

Sicuramente il non sfruttare tutte le opportunità offerte dall’essere un’azienda che impara dal proprio passato, metabolizzando tutta una serie di “lessons learned” che possono essere sfruttate positivamente nelle future occasioni consimili.

Ma soprattutto, in caso del verificarsi di qualche problematica operativa con il nuovo magazzino (es. livello di servizio più basso del desiderato, costi troppo alti, qualità troppo bassa, livello di utilizzo più alto o più basso del previsto), ci si trova in azienda in un momento di confusione, in un’atmosfera di “caccia al colpevole” poco serena e razionale, col rischio di ravvisare colpe laddove magari non ce ne sono, frustrando quindi risorse valide e lo spirito di iniziativa.

Ecco quindi che, per evitare tutto quanto sopra e per trarre massimo vantaggio dall’esperienza, si suggerisce di mettere sempre a suggello di ogni buon progetto una fase di controllo, posteriore all’avviamento del magazzino, sistematica e periodica nella sua esecuzione.

Lo scopo deve essere appunto quello di verificare la coerenza di quanto si ottiene con il nuovo magazzino, in termini di prestazioni assolute, di utilizzo delle risorse, di affidabilità e qualità dei processi, senza ovviamente dimenticare l’aspetto dei costi.

Ma per distinguere questa attività dal normale controllo di gestione, sarà bene che questo post-audit sia effettuato creando un legame, una relazione tra i risultati ottenuti sopra descritti e quelle che sono le condizioni al contorno che portano a tali risultati: volumi movimentati in ingresso ed un’uscita, profilo di queste attività, livello di servizio richiesto (es. velocità di allestimento) etc.

Infatti, data la lunga portata temporale di progetti come quello di cui stiamo parlando, il rischio è che nel tempo tali condizioni al contorno abbiano subito cambiamenti ed evoluzioni anche significative rispetto al momento dello studio di fattibilità e che quindi il magazzino si trovi ad operare in condizioni lontane da quelle per le quali era stato progettato.

Capire fino in fondo questo tipo di situazioni offre all’Azienda notevoli vantaggi:

  • nel caso di eventuali problemi, si evita di colpevolizzare chi è “innocente”, trovandosi a gestire un sistema di base concepito per scopi diversi
  • si ha la piena consapevolezza e la misura quantitativa degli scostamenti degli input e degli output del nuovo magazzino rispetto ai valori ipotizzati in fase di progetto
  • grazie alla sensibilità circa i legami “causa-effetto” tra variabili di input e di output e soprattutto grazie alla profonda coscienza di come il sistema funziona e di quali siano le leve su cui agire per modificarne assetto e prestazioni, si ha modo di porre rimedio alle situazioni negative in tempi il più possibile brevi e senza “brancolare nel buio”

Diventa quindi fondamentale che il progettista / consulente logistico sia parte effettiva del team che si occupa di queste verifiche periodiche, in quanto ha in sé l’adeguato know-how e la memoria storica di quello che è stato il progetto e le ipotesi alla sua base. In pratica, la verifica sarà preferibilmente da organizzarsi monitorando gli stessi KPI che erano alla base della giustificazione dell’investimento, alla luce delle condizioni di business effettive vs. ipotizzate.

E giunti a questo punto si capirà quindi il motivo delle reiterate esortazioni alla documentazione accurata, completa e approfondita di tutte le varie fasi di progetto, a partire da e soprattutto per quel che riguarda la definizione dei requisiti e le prestazioni attese in funzione di tali requisiti.

Si tratta quindi, parlando della documentazione dello studio, di un valore aggiunto dato da un approccio professionale al progetto che magari si può fare fatica a comprendere in tutta la sua preziosità prima di arrivare a questa fase di post-audit e che invece si rivela determinante per affilare al meglio le armi di cui ci siamo dotati e quindi – in ultima analisi – a fare rendere al meglio il nostro investimento, a diventare più competitivi e a riportare tutto il valore aggiunto delle esperienze già fatte nei successivi progetti.

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