IL MAGAZZINO AUTOMATICO, UN SISTEMA COMPLESSO: COME PROGETTARE, PIANIFICARE ED ESEGUIRE I TEST CHE PORTANO ALL'ACCETTAZIONE FINALE - Pag. 2

Tornando alle considerazioni per le attività di accettazione di quanto installato, sul punto 1 direi non vale la pena di dilungarsi qui troppo: è chiaramente un’attività importante, che consiste nel rilevare sul campo il numero ed il tipo di componenti installati, verificandone la disposizione negli edifici, controllando i certificati relativi ai materiali etc.
Per quel che riguarda il punto 2, la premessa per poter verificare tutte le funzionalità è quella di avere preventivamente ben definito in un apposito documento (di solito chiamato “Specifiche Funzionali” o “Users Requirements Specifications – URS”) quello che ciascun elemento del sistema e il sistema nel suo complesso deve essere in grado di fare, con riferimento non solo alle funzioni operative, ma anche a quelle di controllo e diagnostica.
La verifica delle funzionalità, specie quella del software, risulterà tanto più veloce ed efficace quanto più lavoro si sarà fatto nelle fasi precedenti il cantiere, ossia in laboratorio, con particolare riferimento ai già citati FAT.
In questi anni, inoltre, si sta definendo come un vero e proprio nuovo “golden standard” la prassi del cosiddetto “virtual commissioning” che consente di avere un “gemello digitale” dell’impianto in un ambiente virtuale, in cui può essere direttamente incluso il software che si intende testare (WMS e PLC), emulando in modo dettagliato i dispositivi di campo. La promessa di questa tecnica è quella di poter comprimere in modo significativo i tempi di esecuzione sul campo del commissioning dell’impianto e dei test di accettazione.
La fase 3, ossia la verifica delle prestazioni di singoli elementi del sistema (es. un elevatore, una macchina filmatrice, un deviatore rulli catene etc.) può sembrare apparentemente semplice, ma richiede anch’essa un’accurata preparazione.
Innanzitutto, sarebbe ideale che questa fase e le successive fossero effettuate con unità di carico vere, con prodotto valido o placebo, e che queste unità di carico fossero disponibili per tempo in quantità adeguata. Nella vita reale, specie quando si abbia a che fare con prodotti costosi o freschi o con molte varianti in grado di mettere in crisi il componente che si deve testare, questo può essere un problema, cui pensare per tempo assieme alla Produzione o alla Supply Chain.
Oltre al prodotto da movimentare, l’effettuazione di questi test richiede anche dotarsi del personale necessario e dei servo mezzi utili a movimentare le unità di carico da e per il sistema automatico. In genere, se non diversamente negoziato in fase contrattuale, queste ultime risorse devono essere messe a disposizione dal cliente.
Se per alcuni equipment può risultare abbastanza semplice definire il ciclo di prova, per altre apparecchiature – e ci riferiamo segnatamente a traslo elevatori e miniload – la faccenda può risultare significativamente più complessa, specie in presenza di scaffalature a profondità multipla e/o ad attrezzi di presa multi carico. Molte di queste casistiche sono state fortunatamente normate dalla F.E.M. (Federation Europeénne de la Manutenion - https://www.fem-eur.com/about/), come ad esempio la FEM 9.851 “Performance data of storage and retrieval machines”.
Pur essendo F.E.M. l’associazione dei principali produttori e integratori di sistemi logistici, e quindi in qualche modo fornendo una visione di parte, nella pratica queste norme sono accettate come riferimento da tutti, sia per semplificare i riferimenti prestazionali, sia per definire range accettabili di tolleranze di costruzione / realizzazione, che poi consentono una più semplice integrazione di macchine e scaffali provenienti da fornitori diversi.
Ciò non toglie, naturalmente, che a livello contrattuale la prestazione di riferimento possa anche essere definita nel modo più congeniale al cliente, di caso in caso.
Molto importante avere concordato col fornitore il formato della modulistica da utilizzare test per test, per tenere traccia controfirmata dell’andamento della prova e del suo esito, con particolare riferimento a campi da compilare in caso di esito negativo, che registrino le possibili causali del fallimento e quanto concordato tra fornitore e cliente per la successiva messa a punto dell’apparecchio e la nuova esecuzione dei test.
La fasi 1-3 daranno certamente luogo ad un elenco dei punti aperti (detta “punch list”), alla luce delle varie verifiche effettuate, che va tenuta costantemente aggiornata: non tutti i punti aperti saranno necessariamente ostativi rispetto al progresso dei test o addirittura all’uso del bene, tuttavia essi andranno chiusi del tutto prima dell’accettazione finale.
La fase 4, per ovvie ragioni da farsi dopo avere accertato l’adeguatezza dei singoli equipment e sotto sistemi, quella relativa al test delle prestazioni del sistema complessivo, è purtroppo ad un tempo quella più importante e quella più difficile (direi estremamente difficile, a volte) da mettere in pratica.
In primis, bisogna avere definito accuratamente cosa si intenda per “prestazioni del sistema complessivo” e questo rimanda inevitabilmente ad un progetto accurato. Infatti, all’interno di un sistema complesso di material handling possono aversi molti o anche moltissimi flussi concomitanti (ingressi, uscite a spedizione, uscite verso aree di prelievo e/o preparazione, rilocazione di merci, abbassamenti, controlli di merce a stock), con profili di flusso variabili nel tempo.
In questo quadro, avere realizzato un modello dettagliato di simulazione dinamica aiuta – oltre ovviamente a fare un buon progetto, includente anche gli aspetti logici e gestionali – anche a darsi degli obiettivi chiari e concreti su molti KPI dinamici, specie quelli legati ai lead-time minimi necessari a garantire il livello di servizio desiderato: i risultati della simulazione possono quindi divenire dei veri e propri riferimenti, da verificare sul campo.
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